ART: Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (Cod. Civ. 703, 1001, 1228, 1587, 1710-2, 1768, 2148, 2167).Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attivita professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attivita esercitata (Cod. Civ. 1838 e seguente, 2104-1, 2174-2, 2236).
E' soltanto una definizione ad effetto per indicare un comportamento che qualunque persona avveduta avrebbe tenuto in una determinata situazione.Ci si riferisce al padre di famiglia perchè dovrebbe essere per definizione una persona saggia ed accorta. Questa espressione viene utilizzata ad esempio nel caso in cui sia stata compiuta una violazione contrattuale in buona fede: se si è utilizzata la "diligenza del buon padre di famiglia" significa che si è fatto tutto ciò che era possibile per adempiere correttamente.
Impossibilita sopravvenuta
Gli artt. Dal 1463 c.c. al 1465 c.c. sono dedicati alla disciplina della risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive per impossibilità sopravvenuta e prevedono le diverse ipotesi dell’impossibilità totale (art. 1463 c.c.) dell’impossibilità parziale (art. 1464 c.c.) e dell’impossibilità della prestazione nei contratti con effetti traslativi o costitutivi (art. 1465 c.c.).La risoluzione per impossibilità sopravvenuta totale si verifica allorchè, in un contratto a prestazioni corrispettive, l’obbligazione a carico di una delle parti diventa impossibile per causa alla stessa non imputabile. La risoluzione per impossibilità sopravvenuta si verifica automaticamente e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.L’impossibilità che rileva ai fini della risoluzione è di carattere giuridico nel senso che si considera impossibile la prestazione che richiede uno sforzo superiore a quello dell’ordinaria diligenza richiesta per l’adempimento o quella che non risulta più utile avuto riguardo all’interesse del creditore.L’art. 1453 c.c. stabilisce che, in caso di impossibilità della prestazione, la parte liberata non possa esigere la controprestazione e sia tenuta a restituire quella che abbia già ricevuta secondo la disciplina dell’indebito.Gli effetti della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, così come disciplinati dal richiamato art. 1453 c.c., debbono escludersi in caso di mora del creditore o di mora del debitore.Ove, infatti, la prestazioe divenga impossibile allorchè il debitore della stessa sia in mora, l’impossibilità sarà allo stesso imputabile ex art. 1218 c.c. ed il debitore sarà tenuto al risarcimento del danno. Ove sia in mora il creditore, invece, l’impossibilità della prestazione allo stesso dovuta non estinguerà l’obbligo d’eseguire la controprestazione.La risoluzione per impossibilità sopravvenuta riguarda naturalmente una fattispecie diversa da quella dell’impossibilità originaria della prestazione che determina non già la risoluzione ma la nullità del contratto per impossibilità dell’oggetto.In caso di impossibilità parziale della prestazione, invece, il creditore avrà diritto ad una corrispondente riduzione della controprestazione o potrà recedere dal contratto ove non abbia un interesse all’adempimento parziale. Ove la controprestazione sia indivisibile, la parte avrà diritto, ove non receda dal contratto, ad un conguaglio in denaro.Nell’ambito dei contratti traslativi e costitutivi dei diritti, stante il principio del consenso traslativo, il rischio dell’impossibilità sopravvenuta grava sulla parte acquirente nonostante non sia ancora avvenuta la consegna. Le sole fattispecie in cui la prestazione del consenso traslativo non determina il passaggio del rischio sono quelle dei contratti traslativi aventi ad oggetto beni futuri o cose generiche (e in tal caso il passaggio del rischio si verifica con l’individuazione e con la venuta ad esistenza del bene) e quella dei contratti sottoposti a condizione sospensiva ed in tal caso il passaggio del rischio si verifica in coincidenza con l’avveramento della condizione. Una volta verificaisi gli effetti traslativi, dunque, il perimento del bene, nonostante sia anteriore all’effettiva consegna, non libera la parte acquirente dall’obbligo della controprestazione.
Caso fortuito e Forza maggiore
Di solito non si distingue tra caso fortuito e forza maggiore, in quanto entrambi gli eventi hanno come effetto l'esclusione della responsabilità del soggetto agente.
Possiamo, però, distinguerli concettualmente perché, se identiche sono le conseguenze, diverse sono le situazioni che li producono.
caso fortuito
indica un evento assolutamente imprevedibile
forza maggiore
indica un evento di una forza tale al quale non è oggettivamente possibile resistere.
In ogni caso il caso fortuito o la forza maggiore escludono la colpa del soggetto agente non realizzando, quindi, la previsione dell'art. 2043 che per la responsabilità prevede il fondamentale requisito della colpevolezza.
È opportuno ricordare, però, che altra tesi inquadra queste ipotesi come interruzione del nesso di causalità piuttosto che come ipotesi di assenza di colpa.A mio parere per inquadrare correttamente le ipotesi di caso fortuito e forza maggiore bisogna distinguere diversi casi.
Se il caso fortuito o forza maggiore hanno da soli causato l'evento (un fulmine provoca delle lesioni) , è chiaro che non è nemmeno il caso di parlare di colpa dell'agente, ma di serie causale del tutto autonoma dove l'agente non ha posto in essere nemmeno un condizione.
Se, invece, l'agente ha posto in essere una della cause che poi ha aperto la strada al caso fortuito o alla forza maggiore, può ben ritenersi la mancanza di colpa, visto che non c'è interruzione del nesso di causalità; è da notare, però, che se accettiamo la teoria della causalità adeguata possiamo anche intendere questi eventi come vere e proprie interruzioni del rapporto di causalità, eventi eccezionali e imprevedibili che fanno venir meno il rapporto di causalità giuridico.