Con il termine risoluzione si indica lo scioglimento del vincolo contrattuale per fatti che si siano verificati successivamente alla conclusione del contratto. Si determina una alterazione della causa del contratto (es. lo scambio in cui questa consiste non può più compiersi) e si parla di difetto funzionale che si manifesta in sede di esecuzione del contratto e investe il rapporto contrattuale comportando la risoluzione del contratto (a differenza del difetto genetico, che è la mancanza originaria della causa o la sua illiceità che investe il contratto e comporta nullità, annullamento o dichiarazione di inefficacia).
Descrizione:
Con il termine risoluzione si indica lo scioglimento del vincolo contrattuale per fatti che si siano verificati successivamente alla conclusione del contratto.
Si determina una alterazione della causa del contratto (es. lo scambio in cui questa consiste non può più compiersi) e si parla di difetto funzionale che si manifesta in sede di esecuzione del contratto e investe il rapporto contrattuale comportando la risoluzione del contratto (a differenza del difetto genetico, che è la mancanza originaria della causa o la sua illiceità che investe il contratto e comporta nullità, annullamento o dichiarazione di inefficacia).
Nella risoluzione il contratto è e resta valido; si scioglie il rapporto contrattuale con effetto retroattivo tra le parti, ossia dalla data del contratto. rispetto ai terzi, invece, l’effetto retroattivo non si produce.
La risoluzione del contratto può essere determinata da:
- inadempimento;
- impossibilità sopravvenuta della prestazione;
- eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione.
Risoluzione per inadempimento. Come già detto, l’inadempimento è costituito dalla mancata esecuzione di una obbligazione, oppure da una esecuzione inesatta, tardiva o parziale. L’inadempimento di una parte, però, per permettere la risoluzione del contratto, deve essere di non scarsa importanza: occorre, cioè, che l’inadempimento di una parte sia tale da rendere non più giustificata la controprestazione dell’altra.
La risoluzione per inadempimento può assumere due forme:
1.risoluzione giudiziale: pronunciata dal giudice per mezzo di una sentenza che accerta l’esistenza di un inadempimento di non scarsa importanza. Se una delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive non adempie la propria obbligazione, l’altra parte può
a) agire in giudizio per l’adempimento, chiedendo al giudice di condannare l’inadempiente ad eseguire la prestazione mancata (e offrendosi di eseguire la propria se non ancora l’ha eseguita). Finché non ha ottenuto )in modo spontaneo o coattivo) la controprestazione dovutagli, potrà sempre domandare la risoluzione del contratto;
b) agire per la risoluzione, chiedendo al giudice di sciogliere il contratto, ottenendo dall’essere esonerato ad eseguire la propria prestazione, o se l’aveva già eseguita chiederà al giudice di pronunciare, oltre alla risoluzione del contratto, anche la condanna dell’altra parte alla restituzione della prestazione ricevuta. Una volta chiesta la risoluzione, non potrà, però, più chiedere l’adempimento, né la contro parte potrà più adempiere la propria obbligazione.
2. risoluzione stragiudiziale: senza il ricorso al giudice che accetti l’effettiva sussistenza dell’inadempimento e la sua non scarsa importanza. Il contratto può essere risolto per inadempimento senza necessità di un provvedimento giudiziario, attraverso tre situazioni:
a) la diffida ad adempiere: è l’intimazione scritta compiuta dalla parte adempiente, con l’assegnazione di un termine (di almeno 15 giorni) entro cui l’inadempiente deve eseguire la propria prestazione. Trascorso tale termine, il contratto si intende risolto di diritto, senza la necessità di rivolgersi al giudice;
b) la clausola risolutiva espressa, è una clausola che le parti possono, se sono d’accordo, includere nel contratto che stipulano, con la quale le parti pattuiscono che se una di esse non eseguirà una delle obbligazioni del contratto, questo si risolverà di diritto. Per applicarla è però necessario che la parte adempiente dichiari all’altra che intende valersi della clausola risolutiva; sarà, perciò, questa dichiarazione a provocare la risoluzione del contratto che avrà effetto dalla data dello stesso;
c) il termine essenziale: è il caso in cui il contratto prevede un termine per l’adempimento, scaduto il quale il contratto è risolto di diritto, se la parte interessata, entro 3 giorni dalla scadenza del termine,non comunica alla controparte che intende ugualmente esigere la prestazione, anche se tardiva.
Però, chi ricorre alla risoluzione stragiudiziale lo fa a proprio rischio, in quanto l’altra parte potrà successivamente agire in giudizio e dimostrare che il lamentato inadempimento non sussisteva o era di scarsa importanza (salvo che non si tratti di clausola risolutiva espressa) con la conseguenza che il giudice dichiarerà inefficacie la risoluzione stragiudiziale del contratto e la parte che se ne era avvalsa verrà a trovarsi nella condizione di parte inadempiente e dovrà risarcire il danno.